19 novembre 2009

ieri sera: NEW MOON ANTEPRIMA

Ultimo anno di liceo. Forks. Il giorno del suo diciottesimo compleanno Bella entra in crisi, poiché mentre lei è destinata ad invecchiare, Edward, l'innamorato vampiro, rimarrà per sempre un diciassettenne. Incapace di proteggerla dal dolore, il ragazzo lascia la cittadina insieme alla famiglia, chiedendole di non fare gesti sconsiderati e promettendole di non tornare. Bella, però, scopre che sfidando la sorte può rivederlo, anche solo per pochi secondi e, come se non bastasse, trova conforto nell'amico Jakob, che è un licantropo e dunque un nemico naturale e giurato dei vampiri.
New Moon, il secondo capitolo della saga di Twilight, scosta le tende del sipario e la rivela per quel che realmente è, ovvero una rappresentazione dell'amore romantico, l'allestimento di una fiaba, dove Bella è l'eroina contesa e in pericolo costante, Edward il principe vittima di un crudele incantesimo e il "per sempre" è il finale scritto in partenza, non in uno ma in multipli modi. Passando per il richiamo esplicito a “Romeo e Giulietta” e approdando alla scenografia trionfale e al costume della sequenza presso i Volturi, all'interno della “ricostruzione” per la festa di S. Marco, Chris Weitz anziché abbigliarla di fatto spoglia la saga di Twilight delle sue coperture (il college-movie, il “mistery") e ne espone lo scheletro.
Resta l'idea di utilizzare la metafora del mostro per parlare di quei sentimenti umani la cui intensità supera la razionalità (l'utopia di un amore che possa proteggere dal male, per esempio) ma non è cosa nuova e meno che mai espressa in modo nuovo. A poco serve, dunque, ribaltare i ruoli e dipingere un Edward flemmatico e sacrificale, conciato da Cristo morto (e quanti riferimenti a inferno e paradiso…), e una Bella assetata di adrenalina che si cimenta a più riprese nella morte per finta, quasi fossero le prove generali (di nuovo: lo spettacolo) della trasformazione che le toglierà (forse) la vita ma le negherà ugualmente la morte.
Non sono certo i dialoghi, infine, a scongiurare la noia. Si ripetono in circolo (vizioso) i versi universalmente noti del sentimento amoroso, senza ricerca alcuna del particolare, dello scarto: Weitz si appoggia al lascito della Hardwicke per quel che concerne l'impianto visivo generale, alla fantasy(a) della Meyer per la sostanza del racconto, al puritanesimo che veglia sull'intera operazione narrativa e produttiva; poi, là dove non ha voce, stende un tappeto sonoro continuo e adotta un'estetica da videoclip che, però, è ripiego, scorciatoia evidente.
I Volturi puniscono i vampiri che danno spettacolo di sé, ma era quello che chiedevamo di vedere e ci è stato negato.




LO DOVREI RIVEDERE...MA BELLO...

BX

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